vento_frai_i_capelli.jpgIl vento fra i capelli : la mia lotta per la libertà nel moderno Iran, Masih Alinejad con Kambiz Foroohar (NESSUN DOGMA)

Iran, 2014
A 18 anni Masih Alinejad, che dalle sue umili origini è diventata una delle migliori giornaliste iraniane, viene portata in prigione. Ha rubato dei libri e si è schierata con un gruppo disordinato di attivisti il cui crimine è quello di stampare opuscoli che chiedono un maggiore dissenso nella società iraniana. Ciò è sufficiente a causare l’arresto di tutti. Costretta a sposarsi e allontanarsi dal proprio villaggio perché incinta, Alinejad vede naufragare anche il proprio matrimonio. Il marito-poeta scappa per sposare una donna incontrata in un salone letterario, lasciando Alinejad sola con un bambino piccolo a Teheran. Il vento fra i capelli : la mia lotta per la libertà nel moderno Iran racconta la storia di questa giornalista, attivista, scrittrice la cui vita si incrocia con le ingiustizie nei confronti delle donne del regime iraniano dopo la rivoluzione islamica. Narrato in modo toccante e con un'onestà schietta, che sembra una caratteristica della vita e della scrittura di Alinejad, questo racconto ci permette di sbirciare i meccanismi interni della rivoluzione iraniana. Un giorno un religioso grassoccio che le vede una ciocca di capelli uscire dallo hijab agita un pugno verso Masih Alinejad e le grida: «Copriti i capelli, o ti sbatto fuori di qui"». Alinejad, da sempre attivista, ribatte: «Tutto questo trambusto per due ciocche di capelli. Tu dovresti vergognarti di te stesso.» A questo alterco seguirà un'amara vendetta: Alinejad perderà la tessera stampa. Continuerà a scrivere articoli sempre più incendiari, ottenendo scoop che smascherano la corruzione della repubblica islamica, apparentemente pia. In seguito, Alinejad sarà costretta a fuggire prima a Londra e infine a riparare in esilio in America.
È all'estero che fonda la pagina Facebook My Stealthy Freedom, che incoraggia le donne a fotografarsi senza hijab. La pagina, subito seguita da centinaia di migliaia di donne, accende una protesta contro il velo obbligatorio. Nel 2022 esce il docu-film biografico Be My Voice, che racconta del progetto di Alinejad e di come ha avuto origine. Il 13 giugno 2022, è stata insignita del Moral Courage Award dell'American Jewish Committee per aver parlato senza paura a sostegno del popolo iraniano oppresso dal governo. A marzo 2023 viene inserita dal Time nella annuale lista delle donne più influenti al mondo.

Intervista su raiplay.jpg 

donna_sul_fronte.jpgDonna sul fronte, Alaine Polcz (Anfora)

Ungheria, Transilvania, 1944
Alaine Polcz è appena diciannovenne quando si sposa con un uomo che ama, ma dal quale non è forse amata nella stessa misura. Appena sposati, i due giovani sono costretti a fuggire perché la linea del fronte russo-tedesco avanza e gli scontri si fanno sempre più pesanti, con copiosi bombardamenti. Donna sul fronte è un libro autobiografico che la racconta la drammatica esperienza di questa ragazza nella sua fuga da Koloszvár (Transilvania rumena) verso l’Ungheria, per trovare riparo. Gli improbabili rifugi, stipati di gente lercia e affamata, i pidocchi, la mancanza di igiene, le febbri, il cibo pessimo e scarso -bucce di patate e pane raffermo-, le alterne violenze sia dei soldati tedeschi che dell’Armata Rossa: la vita di una donna ridotta a niente. Come la sua dignità, più volte calpestata dagli stupri, spesso di gruppo, perpetrati dai soldati russi. Solo alla fine del conflitto Alaine Polcz può tornare alla propria città e alla sua casa, non prima di essere passata da uno stato di pre morte fisica, date le gravissime condizioni di salute. Il primo matrimonio fallisce e si risposa con lo scrittore Miklós Mészöly, con il quale resta fino alla fine della sua vita. Si iscrive alla facoltà di Psicologia (il primo marito non le aveva permesso di farlo), diventa una importante psicoterapeuta, si occupa di fine vita, diviene tanatologa. Polcz è la prima che introduce gli Hospice in Ungheria e che mette a punto dei metodi di psicoterapia per bambini attraverso i giocattoli.
Un memoir, un po’ narrazione, un po’ monologo interiore, un po’ diario e dialogo con un ipotetico interlocutore (forse il marito), che sconvolge il lettore per la drammaticità dei fatti raccontati. Questo testo si potrebbe inserire nel medesimo filone letterario di Se questo è un uomo di Primo Levi. E in effetti, leggendo, viene da chiedersi se questa sia una donna.
La testimonianza importante e imperdibile della vita di una donna indimenticabile.

Recensione Tuttolibri La Stampa