"Credo che la vita non si possa raccontare soltanto attraverso fatti, eventi, persone, ma vada indagata anche attraverso gli incontri che abbiamo fatto con i libri e i pensieri degli altri".

 

Raffaele La Capria, nato a Napoli nel 1922, avrebbe compito 100 anni a ottobre.

Narratore, scrittore, giornalista, collaboratore di diverse riviste e quotidiani tra cui "Il Mondo", il "Corriere della Sera" e "Nuovi Argomenti". Autore di radiodrammi in collaborazione con la Rai e sceneggiatore in molti film; ha anche tradotto opere teatrali di diversi autori: Jean-Paul Sartre, Jean Cocteau, T. S. Eliot, George Orwell.
Nel 1961 ha vinto il Premio Strega con "Ferito a morte" e in seguito ha vinto  il Premio Campiello, il Premio Chiara, il Premio Alabarda d'oro e il Premio Brancati. 

"Quelli che hanno la mia età, io ho novant' anni, dividono il mondo in due ere: quella prima del ‘42, quando la terra e il cielo e il mare erano quelli che sono sempre stati dall’origine dei tempi, e dopo la guerra, la seconda guerra mondiale, quando la terra e il cielo e il mare sono stati diversi da come sono stati sempre". In  Ferito a morte, La Capria  racconta anche la nostalgia di un tempo lontano, quando immargersi nel mare di Napoli significava vedere "vavose, guarracini, ajate e pinterré". Napoli infatti è l'argomento centrale della sua letteratura insieme a pagine di riflessione sul mestiere dello scrittore o sul cammino della Letteratura. 

raffaele_la_capria_ferito.jpgFERITO A MORTE
La vicenda narrata in "Ferito a morte" si svolge nell'arco di circa undici anni, dall'estate del 1943, quando, durante un bombardamento, il protagonista Massimo De Luca incontra Carla Boursier, fino al giorno della sua partenza per Roma, all'inizio dell'estate del 1954. Tra questi due momenti il racconto procede per frammenti e flash, ognuno presente e ricordato, ognuno riferito a un anno diverso, anche se tutti sembrano racchiusi, come per incanto, nello spazio di un solo mattino: la pesca subacquea, la noia al Circolo Nautico, il pranzo a casa De Luca... Negli ultimi tre capitoli vi è poi come una sintesi di tutti i successivi viaggi di Massimo a Napoli, disincantati ritorni nella città che «ti ferisce a morte o t'addormenta, o tutt'e due le cose insieme»; nella città che si identifica con l'irraggiungibile Carla, con il mare, con i miti della giovinezza. Se, come ha scritto E.M. Forster, «il banco finale di prova di un romanzo sarà l'affetto che per esso provano i lettori», quella prova "Ferito a morte" l'ha brillantemente superata: libro definito dal suo stesso autore «non facile», cult per molti critici e scrittori, è stato ed è anche un libro popolare, amato e letto, con grande adesione sentimentale, da lettori che poco sapevano di questioni letterarie, ma vi ritrovavano la loro stessa nostalgia per un paradiso perduto e per una "giornata perfetta"». Un libro, insomma, di iniziazione, di rivelazione e di scoperta dal valore universale.

Per conoscere meglio Raffaele La Capria vai su: doppiozero.com

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