La vita contro, romanzo ambientato tra Mestre e Venezia, racconta due vite spezzate che, pur provando il dolore ogni giorno, trovano nella solidarietà reciproca una via pe
r non soccombere. Rita Ragonese narra con una voce autentica e calibrata una storia di dolore e riscatto centrata sull’evoluzione intima dei personaggi, sul realismo e sull’importanza di un sostegno reciproco.
· Come si è formata questa storia nella sua immaginazione?
R: Oltre che dalla conoscenza dei problemi ambientali di questo preciso territorio – Venezia, terraferma e laguna - l’idea del romanzo nasce dall’esigenza di dare la forma delle parole a una ricerca personale che intimamente conducevo da tantissimo tempo e che riguarda le ragioni che portano alcune persone alla realizzazione di sé e altre a rimanere invece incastrate in situazioni deprivanti. Scrivendo ho creato conflitti con la lingua che trovavo di volta in volta più aderente alla rappresentazione del conflitto, ci ho calato i miei personaggi e li ho messi alla prova mentre, osservandoli, mi chiedevo da che parte sarei stata io. Ho lavorato come assistente sociale per oltre trent’anni e infinite volte mi sono trovata davanti a silenzi pesantissimi, all’incapacità delle persone di immaginare una via di uscita da situazioni dolorose. Ho voluto immaginare io per loro, entrare in quei silenzi, soprattutto delle tante ragazze di cui mi sono occupata, per capire quali tumulti fossero in corso dietro le facciate e con quanta fatica si stessero conducendo le esistenze. Ho voluto, appunto, immaginare: cosa che le persone in generale spesso si negano considerando questa un’inutile attività. E dunque i miei personaggi sono frutto di sintesi della sfaccettata umanità che ho incontrato nella mia vita e di quella che ho immaginato. Aggiungiamo infine che da sempre vedo le vicende umane come sostanza letteraria: da qui il romanzo.
· Una storia di disperazione e anche di consolazione. Chi sono davvero Angela e Umberto?
R: Per Umberto, uomo prossimo alla pensione, i giochi della vita, in questo caso i drammi, sono già stati consumati, resta però ancora del tempo per sistemare l’incompiuto. Ce la farà? Per Angela, nonostante molto di fondamentale sia già successo, c’è ancora il futuro. Umberto e Angela rappresentano dunque due fasi temporali della vita che restano sempre collegate in un rapporto di continuo scambio. Angela potrebbe vedere in Umberto il proprio futuro di deprivazione affettiva, a meno che non convergano su di lei forze – compresa quella offerta da Umberto stesso - in grado di condurla in altri punti di vista da cui osservare la propria vita, le potenzialità e la bellezza riservate a chi è disposto a vedere oltre. Umberto potrebbe uscire dalla propria disperazione e farsi contaminare dalla freschezza dell’età di Angela, ma anche dallo sconforto che spesso accompagna certe giovinezze, e simbolicamente mettere mani alla propria vita passata. È una sfida per entrambi.
· Quali ritratti di maternità emergono da questa storia?
R: Vari ritratti, mi verrebbe da dire tanti quante sono le madri. Credo che ogni madre conservi in sé l’essenza del suo essere stata figlia – che può essere elemento di forza o di debolezza a seconda del contesto vissuto - aspetto riscontrabile in Angela nella quale si sovrappongono in modo insolito due periodi delicati della vita. Ciò comporta che ci sia una rete di significati culturali da cui emergono questi hub che sono le madri. Non c’è, ne La vita contro, la celebrazione della maternità, c’è piuttosto una pluralità di voci “materne” e oltretutto nemmeno attribuite a figure biologicamente femminili, ma a personaggi capaci di prendersi cura dell’altro.
· La zona dell'ambientazione è vicina alla sfavillante Venezia, ma è un'area decisamente molto meno sfavillante. Come si è documentata per rappresentare questa particolare realtà?
R: Il territorio scelto per l’ambientazione è emblematico per le contrapposizioni che offre allo sguardo, prima fra tutte Venezia e Mestre che si fronteggiano: l’equilibrio e il caos potremmo dire dal punto di vista urbanistico, ma anche da altre prospettive. Due realtà diversissime ma vicine e collegate, direi come i protagonisti. Di Venezia e di quella parte di terraferma veneziana raccontata ho esperienza diretta avendo studiato nella prima e lavorato nella seconda come assistente sociale, una professione che si svolge entrando nelle maglie del tessuto sociale e familiare con cui ci si relaziona e scoprendone quindi le dinamiche più profonde. Ho la necessità assoluta di documentarmi e di progettare il lavoro. Una volta costruita l’ossatura, e anche visualizzata poiché mi avvalgo di schemi, fogli di carta appesi, fogli excel, ecc., posso lasciarmi condurre dall’ispirazione per la stesura delle scene. Nel caso di La vita contro è stato di grande ispirazione il mio gironzolare per le calli veneziane e le strade mestrine e addirittura il sostare per ore alla Giudecca, davanti al carcere, per poi seguire passo passo il percorso che avrei fatto fare ad Angela. Ma i riferimenti tecnici e storici, come ad esempio quelli che riguardano il Petrolchimico di Marghera, hanno dietro lo studio di documenti, in questo caso alcuni atti del processo alla Montedison, interviste al pm Felice Casson che aveva condotto le indagini, stampa locale e nazionale dell’epoca ecc. Oppure, per quanto riguarda il procedimento in cui è coinvolta Angela al Tribunale per i Minori, nonostante la mia conoscenza professionale della materia ho cercato conferme e approfondimenti in colleghe esperte di quella specifica attività. Inoltre, sono state particolarmente arricchenti, proprio a livello personale, le conversazioni con alcune persone del posto, sia professionalmente formate in storia locale e urbanistica che normali cittadini con forti legami con il territorio.