Intorno al romanzo di Gian Marco Griffi Ferrovie del Messico, pubblicato dal piccolo editore Laurana, è scoppiato un vero caso letterario.
Mentre la critica si azzuffa per decidere se si tratti di un romanzo-mondo, di un romanzo picaresco, o enciclopedico, o di avventura, o storico, oppure di tutte queste cose messe insieme, Griffi sbanca il premio Mastercard, vince il premio Zeno, vince il premio Città di Leonforte, vince il premio Augusto Monti (Bormida), viene proclamato libro del mese di Fahrenheit nel giugno 2022 e successivamente eletto libro dell’anno Fahrenheit a Più libri più liberi, si classifica primo nella classifica di qualità della rivista L’Indiscreto nel terzo trimestre del 2022, è finalista al premio Mario La Cava, dove è stato presentato da Alessandro Zaccuri, entra in corsa per il premio Strega 2023, candidato da Alessandro Barbero, vende i diritti di traduzione a mezza Europa e si è guadagnato spazio su molti quotidiani nazionali e sugli inserti culturali principali.

Il romanzo

ferrovie_del_messico.jpgAmbientato fra il 1943 e il 1945, con flashback temporali nel 1929 e nel 1933, Ferrovie del Messico racconta le avventure di Cesco Magetti, membro della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria di Asti. Cesco soffre di un atroce mal di denti, che cerca di lenire con vino e idrolitina per non farselo curare dai dentisti di cui ha molta paura. Soffre anche per amore, lei è Isotta, partita per l’Africa per non tornare più, ma c’è anche la bibliotecaria Tilde, già fidanzata con un partigiano senza armi.
Cesco viene incaricato di disegnare una mappa delle ferrovie del Messico. Lì, nella città di Santa Brígida de la Ciénaga, secondo i nazisti è nascosta «un’arma diabolica e terrificante. Un’arma spettrale, una bestia selvaggia e leggendaria. La chiamano l’arma risolutiva». Per realizzare la mappa, Cesco ha bisogno di un libro introvabile: la Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México di Gustavo Adolfo Baz con illustrazioni di Eduardo Gallo, una sorta di Santo Graal che forse esiste e forse no. Questa è la vicenda che fa da motore alle innumerevoli avventure di Magetti e ai numerosi incontri con bizzarri personaggi che terranno compagnia al lettore per circa ottocento pagine.
Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi è una storia che apre alle diverse possibilità della narrazione, permeata da riferimenti ad altri autori e opere della tradizione che costituiscono l’anima letteraria del romanzo. La ricerca di Cesco Magetti diventa un generatore di piccole storie che creano un mondo di altre storie, le quali ne generano a loro volta altre, forse per sfuggire al non senso della realtà. È stato definito: spassoso, commovente e avvincente.

L’incipit

«Era un brutto periodo. Ennio aveva disertato, a Luigi Bocca avevano sparato per sbaglio al lobo di un orecchio, il maestro Pozzi aveva perso tre dita della mano destra e bestemmiava ogni volta che armeggiava per scrivere con la sinistra. Il re era scappato, i passeggeri svanivano sui treni, il barbiere Gianni era scappato pure lui, salito su qualche collina per far la guerra alla Repubblica, e nel quartiere avevano tutti la barba da fare. Anche Pietro aveva disertato, il Gran Cinema Vittoria era chiuso, il mio dentista Grandi era alle Nuove a Torino accusato di tradimento, e io mi tenevo il mal di denti da tre giorni.
E questo non era neppure il peggio. I tedeschi trascinavano il corpo morto dell’Italia furibondi come Achille sotto le mura di Troia, non avevo notizie di Firmino da quando era tornato dalla Russia, mia madre cucinava pietanze che sapevano di polvere e a me restava una settimana per realizzare una mappa ferroviaria del Messico.
Questo, era il peggio.»

La postfazione su Nazione Indiana

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