costantinopoli.pngCodice: Costantinopoli nel Libro delle isole del mar Egeo di Cristoforo Buondelmonti
Collocazione: Biblioteca Civica, C.M. 289
Datazione: Secolo XV, seconda metà
Materiale: Carta, mm 307 × 214
Consistenza: 28 carte
Legatura: Posteriore in cartoncino

Il Liber insularum Archipelagi di Cristoforo Buondelmonti (ca. 1385–dopo il 1430) è il primo resoconto sistematico delle isole del mar Egeo e Ionio redatto da un viaggiatore occidentale con spiccato interesse per l'antichità classica. Composto intorno al 1420 e dedicato al cardinale Giordano Orsini, l’opera riflette la profonda interazione dell’autore con l’ambiente umanistico fiorentino, in particolare con Coluccio Salutati, Niccolò Niccoli e forse Ciriaco d’Ancona.

Il manoscritto conservato alla Biblioteca Civica di Padova (C.M. 289), databile alla seconda metà del XV secolo, è un compendio della versione più ampia dell’opera, che consta di settantotto capitoli corredati da carte topografiche policrome. In questa versione abbreviata, la descrizione di Costantinopoli è significativamente ridotta rispetto all’edizione ottocentesca di von Sinner.

Una nota autografa testimonia che il codice fu donato da Taddeo Querrini, canonico e vicario vescovile della cattedrale di Padova, a Iacopo Zeno, vescovo della città e figura di spicco dell’umanesimo veneto. Il manoscritto, arricchito da una celeberrima veduta di Costantinopoli (f. 19r), costituisce una fonte iconografica di primaria importanza, essendo l’unica raffigurazione della capitale bizantina precedente alla sua caduta nel 1453. Vi si distinguono con precisione monumenti come Santa Sofia, l’Ippodromo, il Palazzo imperiale e quello delle Blacherne, evidenziati nel tessuto urbano da didascalie puntuali.

L’excursus su Costantinopoli, oltre al suo valore topografico, testimonia la centralità della città nella trasmissione del sapere greco in Occidente. Nei decenni che precedettero la conquista ottomana, la capitale bizantina attirò numerosi umanisti italiani – tra cui Guarino Veronese, Giovanni Aurispa e Francesco Filelfo – che vi appresero la lingua greca direttamente dai maestri orientali e riportarono in Italia codici fondamentali per la rinascita filologica dell’antichità classica.