I classici italiani

 

Remigio Zena
Sandro De Feo

 

 

Remigio Zena

«Nessuno capì così bene i poveri, i diseredati, come Remigio Zena; nessuno li lasciò ragionare con tanta indulgenza, con tanta pietà superiore e nascostamente sorridente». Eugenio Montale

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Remigio Zena (Torino, 23 gennaio 1850 – Genova, 8 settembre 1917), è stato uno scrittore e poeta italiano. Zena può essere annoverato tra i capisaldi della letteratura verista, sebbene oggi sia poco noto al grande pubblico. La bocca del lupo, pubblicato nel 1892 dall'editore Treves, definito come il suo primo romanzo, rappresenta la rovina morale e materiale di tante donne del popolo. Dal punto di vista letterario viene avvicinato ai modelli veristici di Verga. Scritto in italiano, ma con un notevole apporto a termini del dialetto ligure, il romanzo corale racconta la vita al limite della sopravvivenza di persone umili e disperate, ora pronte ad aiutarsi e domani a “sbranarsi” per un pezzo di pane. Lo stile si rifà ai canoni espressivi de i Promessi sposi del Manzoni e de I Malavoglia del Verga, di cui Zena fu coevo. Notevole la capacità dello scrittore di raccontare l'ambiente genovese, attraverso l'uso efficace della prosa. La storia supera i confini del verismo, grazie alla straordinaria capacità stilistica e poetica dello Zena.
La bocca del lupo è una storia di donne vinte ed emarginate, represse da una sorte ingrata e frustrate da ambizioni che non potranno mai essere soddisfatte senza incappare nel rischio di finire, appunto, “nella bocca del lupo”. Zena ambienta la novella fra le case e i vicoli ombrosi genovesi, i caruggi che circondano un'ipotetica piazzetta, “la Pece Greca”. La vicenda gravita attorno alla figura femminile di Francisca Carbone, detta “Bricicca”, una vedova che nella sua vita piena di avversità, “in casa sono più i giorni in cui si salta il pasto che quelli in cui si mangia”, vede aggiungersi la morte improvvisa dell'unico figlio maschio a causa della tubercolosi. La storia di articola intorno al destino delle sorelle, le tre figlie femmine di Francisca Carbone. L'opera comincia dal tempo che precede l’entrata della Bricicca nel carcere di Sant'Andrea, da dove per grazia del re uscirà anzitempo. L'autore, in seguito, svelerà attraverso l'epilogo l'incalzare del destino che si presenterà negli anni successivi alla sua scarcerazione. 
Remigio Zena, malato agli occhi, trascorse gli ultimi anni della sua vita appartato e lontano dalla società letteraria. Morì nel 1917 a Genova.
La bocca del lupo è stato di recente ripubblicato da Minimum Fax nella collana Introvabili.
 

 

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Sandro De Feo

Sandro De Feo (Modugno, 18 novembre 1905 – Roma, 2 agosto 1968) è stato uno scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano.
Gli inginganni_de_feo.jpganni, esordio narrativo dell’autore, è stato pubblicato nel 1962 e viene ora riproposto da Cliquot. È un’opera invecchiata benissimo, che ancora oggi ci parla di illusioni perdute e mancate occasioni. Una giornata di scirocco a Roma può confondere la memoria e la percezione del presente, come scopre Antonio, intellettuale di mezza età che dalla Puglia è partito in gioventù e ora vive nella capitale e scrive per il cinema. Proprio in quel giorno di vento, Antonio viene svegliato da Vituccio, amico d'infanzia che porta con sé l'ingombrante bagaglio della provincia. La confusione causata dal vento pazzo trascina i due amici in incontri con prelati, tra gli splendidi resti di Villa d'Este, e li accompagna a sera nella sfavillante via Veneto che già presagisce le crepe della sua decadenza. Qui il romanzo si immerge nella Roma de La dolce vita in cui convivono genialità e superficialità, libertà di costumi e rigore morale. Ambientatosi lentamente in questa Roma millenaria e decadente, Antonio affronta la città e l’esperienza di vita dentro ad essa come fosse uno spettatore comodamente seduto in platea. Cerca di interpretare i segnali ambigui dell’Urbe come un uomo del Sud che non è riuscito ancora del tutto a emanciparsi dai propri fantasmi, dai propri retaggi e, in definitiva, da una nostalgia per la giovinezza trascorsa spensieratamente nella provincia al Sud tra le campagne e i poderi. Lo scirocco che imperversa fastidiosamente sulla Roma di Antonio, nelle circa ventiquattro ore in cui si svolge il romanzo, si rivela come una presenza talmente incisiva da poter essere considerato a pieno titolo come personaggio centrale dell’opera. La condizione di otium che caratterizza il procedere lento di fatti, pensieri e immaginazioni, induce nel protagonista un atteggiamento introspettivo, che riporta memorie e ricordi che rafforzano la già dura membrana che lo separa da un contatto diretto con il reale circostante.

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