Furore - Dal romanzo al film
"Siamo vivi, siamo il popolo, la gente, che sopravvive a tutto. Nessuno può distruggerci, nessuno può fermarci. Noi andiamo sempre avanti."
Furore (The Grapes of Wrath), scritto da John Steinbeck nel 1939, è un romanzo ambientato negli anni bui della Grande Depressione e del Dust Bowl. In questo scenario si inseriscono le vicende della famiglia Joad, contadini dell’Oklahoma costretti ad abbandonare la loro fattoria a causa della sterilità del suolo e della pressione delle banche, desiderose di meccanizzare l’agricoltura. Di fronte a questa realtà, i Joad decidono di partire per la California, meta di emigrazione di tante altre famiglie, che promette lavoro e abbondanza. Ma il loro viaggio si scontra con una realtà ben diversa, fatta di fame, umiliazioni e sfruttamento.
Nel romanzo, Steinbeck intreccia il racconto individuale della famiglia Joad con capitoli che danno voce all’intera classe dei lavoratori migranti; in questi passaggi emerge sia una forte denuncia verso le ingiustizie sociali, sia una celebrazione della resilienza, della solidarietà e della dignità umana. É considerato uno dei capolavori della letteratura americana del XX secolo e valse all’autore il Premio Pulitzer per la narrativa nel 1940.
Il film Furore, diretto da John Ford nel 1940 ed interpretato da Jane Darwell e Henry Fonda, vinse due premi Oscar: uno per la migliore regia e l’altro per la migliore attrice non protagonista. Si tratta di un'opera che si discosta dai tipici lavori di Ford, solitamente legati al genere western. In questo caso, il regista si misura con una narrazione di forte impatto sociale, molto fedele al romanzo di John Steinbeck. Il tema dell’emigrazione, presentato nel film attraverso il racconto dei Joad, può essere letto anche come un richiamo alla storia personale di John Ford, la cui famiglia emigrò dall’Irlanda agli Stati Uniti. Da qui la necessità di realizzare un film capace di parlare a tutte le epoche, in cui lo spettatore possa riconoscere la verità dell’esperienza umana. Proprio questa ricerca di autenticità trova una corrispondenza nel linguaggio visivo del film che richiama le immagini dei fotografi della Farm Security Administration, come Dorothea Lange, recuperando quella capacità propria della fotografia di colpire e coinvolgere emotivamente il pubblico.
Il film Furore è piuttosto fedele al romanzo, anche se propone una narrazione più ottimista e semplificata. Il libro, infatti, adotta un tono fortemente critico nei confronti del capitalismo, dei latifondisti e dello sfruttamento, proponendosi come un’opera dal marcato impegno sociale e politico. Al contrario, il film attenua questi aspetti critici, riduce l’elemento della denuncia e privilegia la dimensione familiare e il valore della perseveranza. Anche il finale viene modificato, offrendo una conclusione più speranzosa e positiva per la famiglia Joad.