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Ai primi di luglio, da Feltrinelli editore, è stata pubblicata la saga familiare Il cognome delle donne. Già record di vendite, in rapida scalata delle classifiche, diritti venduti all’estero, recensioni sulle principali testate e sugli inserti culturali. Aurora Tamigio sta suscitando parecchio interesse e senz’altro costituisce l’esordio di punta della casa editrice in questo 2023.
Il romanzo narra la storia di Rosa, l’indomita capostipite, in un paesino della Sicilia, dei suoi figli Fernando, Donato e Selma, e delle tre figlie di Selma, coprendo un periodo storico che va dalla seconda guerra mondiale agli anni ‘80 del Novecento.

      

 

 “Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio.”
        “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vede.”

 

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Aurora Tamigio è nata a Palermo nel 1988 e cresciuta a Milano. Successivamente alla laurea in storia dell’arte contemporanea, ha studiato sceneggiatura cinematografica. Dopo aver lavorato come autrice freelance per il cinema, oggi è copywriter e scrive per aziende del mondo della tecnologia e del design. È caporedattrice del magazine di informazione cinematografica Silenzioinsala.com e scrive cortometraggi (L’incontro, Homefish, Signorina Forsepotevo). Alcuni dei suoi racconti sono pubblicati su La Balena Bianca, Crack Rivista e Il rifugio dell’Ircocervo. Il cognome delle donne è il suo primo romanzo.

Aurora Tamigio, Il cognome delle donne, il suo romanzo d'esordio, sta andando benissimo. Come nascono le storie che compongono questo romanzo?

Questo romanzo nasce da una mia grande passione: l'archeologia familiare. A costo di essere impertinente, quando entro in una casa per la prima volta mi dirigo sempre alla mensola delle fotografie, oppure alla ricerca di portagioie, vecchie radio, servizi da tè. Quindi inizio a domandare: ma tuo padre era in marina, quella è tua zia che faceva l'attrice, la macchina da scrivere è originale? Qui, di solito, iniziano le storie. Un po’ di queste storie rivivono ne Il cognome delle donne, comprese quelle che appartengono alla mia famiglia. 

Sin da quando ero piccola, infatti, mia madre e le mie zie mi raccontano favole in cui mia nonna è una figura leggendaria, la paladina della loro personale chanson de geste. Di lei, non resta oggi quasi nessun oggetto, solo nitidi ricordi e la certezza assoluta che la sua morte abbia segnato il destino di molte persone. Questa suggestione ha dato l’inizio al mio processo di scrittura, ma ha presto finito per sfumare e trasformarsi in un’altra cosa. Oggi mentirei se dicessi che Il cognome delle donne è la storia della mia famiglia. È piuttosto un ibrido alimentato da leggende familiari, romanzi che ho amato e immaginazione.

Fin dai primi giorni dopo l'uscita il romanzo ha riscosso molta attenzione da parte del pubblico, della stampa, delle librerie. Che effetto le fa tutto questo? Se lo aspettava?

Da quando ho iniziato a scrivere Il cognome delle donne non mi sono mai aspettata niente da questo romanzo: è stato divertente scriverlo e per me ha un grande significato; se lo riempissi di aspettative, gli farei del male. Invece io desidero proteggerlo e difenderlo. Anche perché divertirmi è l’unico modo che conosco per continuare a scrivere. Mi fa piacere soprattutto che le lettrici e i lettori mi contattino per raccontarmi le loro storie familiari, mi mandino le foto dei loro nonni con il naso a becco di falco… lo trovo incredibile ogni volta. Decisamente non mi aspettavo che questo libro fosse in grado di suscitare così tanti ricordi personali.
 

La comunicazione relativa a Il cognome delle donne insiste molto sulle figure femminili, Rosa, la nonna, Selma, la mamma, e le tre sorelle Patrizia, Lavinia e Marinella. Ma la verità, come suggerisce il titolo, è che nessuna storia delle donne può essere avulsa dalla storia degli uomini. E, in effetti, trovo che i personaggi maschili, penso ai fratelli di Selma, zii delle tre ragazze, Donato e Fernando siano meravigliosi e importanti nello sviluppo di questa saga familiare. Così come ho trovato indimenticabile il ritratto di Santi Maraviglia, detto Santidivetro. L’originale e difficilmente inquadrabile Peppino. Che peso hanno i personaggi maschili in questo romanzo?
 

La mia idea non è mai stata quella di fare un romanzo che contrapponesse donne e uomini come protagoniste e antagonisti, ma di raccontare una storia corale che avesse nel suo microcosmo di umanità vari personaggi diversi tra loro. Il mio desiderio di scrittrice esordiente era costruire un impianto corale di personaggi complessi, che somigliassero il più possibile a persone vere e che quindi si facesse fatica a mettere dentro una sola categoria, in un solo aggettivo. 

Anche io ho una passione per i fratelli di Selma, soprattutto per Fernando. E ovviamente per Santi Maraviglia, che è stato difficilissimo da scrivere: desideravo un antagonista - ovviamente - ma tridimensionale, un esempio di mascolinità fallimentare e tragica. Il personaggio maschile su cui mi sono sbizzarrita, però, è Peppino: qualcuna mi ha detto che è un “Nino Sarratore” ferrantiano, ed è vero, però è anche un personaggio per scrivere il quale mi sono ispirata a tutti i grandi seduttori che ho conosciuto nella mia vita, quindi è stato divertente da scrivere e anche catartico!

Cosa ne pensa della definizione "scrittura femminile"? (Senza arrabbiarsi, possibilmente.)
 
Quello che gli scrittori pensano della "scrittura maschile”. No scherzo. Penso che non esista la scrittura femminile e che sia una definizione dei maschi per metterci in un recintino più piccolo e meno significativo, dove è più facile per loro ignorarci e prenderci in giro. Però spesso mi piace molto come le scrittrici descrivono i personaggi maschili nei loro romanzi: alcuni degli uomini per me più indimenticabili della letteratura (Heathcliff, il professor Bhaer, Mr Darcy, Esteban Trueba) vengono dalla penna di una scrittrice.
 

Sullo sfondo delle storie di questo romanzo, si dipana la Storia dell'Italia. La prima volta che le donne vanno a votare, per esempio. O gli anni dell'emancipazione. Come ha gestito il rapporto tra le storie e la Storia?

Il momento in cui Rosa deve scegliere tra il Re o la Re Pubblica è un tratto storico che crea un legame tra generazioni. Come lo è la legge sull’aborto. Ho gestito così più o meno ogni evento storico che compare nel romanzo: scegliendo quelli che con più forza si innestavano nelle storie singole delle mie protagoniste e marcavano una differenza tra il vissuto di una donna e quello di colei che la succedeva. La Storia non è dominata dalle mie protagoniste, anzi perlopiù la subiscono, sebbene con l’andare avanti ne diventino sempre più parte. Rosa può solo sopravvivere alla guerra e combattere la sua personale battaglia. Marinella, invece, è il frutto del femminismo involontario delle donne venute prima di lei e può scegliere con consapevolezza che ruolo occupare nel mondo. 

Le chiedo due suggerimenti di lettura, un romanzo classico e uno contemporaneo, per i nostri lettori delle biblioteche civiche di Padova. Magari romanzi che l'hanno ispirata per scrivere Il cognome delle donne.

Tra i classici direi La casa degli spiriti di Isabel Allende. Tra i romanzi recenti L’impero della polvere di Francesca Manfredi. Mi prendo anche un bonus extra, un romanzo che dovrebbe essere il nostro Cent’anni di solitudine: Le strade di polvere di Rosetta Loy.
 

Approfondimenti:

 
Video Feltrinelli Editore

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