pahor_predstavitevwikimedia_commons_06_22.jpgÈ morto a Trieste il 30 maggio 2022, all’età di 108 anni, Boris Pahor.
Sloveno di cittadinanza italiana, nato a Trieste nel 1913 quando la città faceva ancora parte dell’Impero asburgico, ha vissuto in prima persona e trasfigurato con la sua scrittura alcuni degli orrori della nostra storia: la repressione fascista della Venezia Giulia, i due conflitti mondiali, l’esperienza nei campi di concentramento nazisti e infine il comunismo di Tito.

Nel 1944 fu catturato dai nazisti e internato in vari campi di concentramento in Francia e in Germania (Natzweiler-Struthof, Markirch, Dachau, Dora-Mittelbau, Nordhausen, Harzungen, Bergen-Belsen). Trascorse quattordici mesi in lager, un’esperienza che avrebbe narrato in quello che è considerato il suo capolavoro, Necropoli

Dal Dopoguerra si dedicò all’insegnamento e alla scrittura, diventando ben presto uno dei protagonisti della scena culturale slovena. Denunciò gli orrori della Jugoslavia di Tito e venne per questo bandito dal suo paese. Scrisse decine di opere che sono state tradotte in tutto il mondo, tutte di contenuto sociale. Testimoniò la negazione dell’identità slovena e difese la sua appartenenza a questa cultura con tutta la forza intellettuale, scrivendo sempre nella sua lingua madre.

    Necropoli è uno straziante viaggio autobiografico nella memoria dei suoi giorni trascorsi nel lager francese di Natzweiler-Struthof, uscì per la prima volta in Slovenia nel 1967, ma dovettero passare decenni prima che fosse scoperta e tradotta in italiano da un piccolo editore. Solo nel 2008, oltre quarant’anni dopo la sua prima stesura, uscì finalmente in Italia con una distribuzione nazionale per Fazi, con la traduzione di Ezio Martin e la prefazione di Claudio Magris. 
Quel libro oggi è tradotto in decine di lingue. 

Intervista a Boris Pahor:

 

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